A Giancarlo Perani
Dedico questo spazio di discussione aperto a Giancarlo Perani, dirigente della Regione Calabria che ha sempre guardato con particolare attenzione il lavoro e l'opera degli editori calabresi. Giancarlo Perani è scomparso prematuramente nell'ottobre 2008, dopo aver lottato contro un male incurabile. A lui si deve la realizzazione del convegno, a Palazzo Campanella di Reggio Calabria il 14 marzo 2002, per la presentazione sull'ordinamento di legge sull'editoria libraria calabrese. Nella foto con l'editore Demetrio Guzzardi, mentre interviene alla Fiera del libro di Torino. |
lunedì 29 marzo 2010
Interviene la scrittrice Assunta Scorpiniti
15:28 |
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“UN LIBRO IN TASCA”, PROGETTO DA CONDIVIDERE
di Assunta Scorpiniti
Il Quotidiano della Calabria 29 marzo 2010
Intervengo nel dibattito acceso dall’iniziativa “Un libro in tasca”, varata dal vicepresidente del consiglio regionale Domenico Cersosimo, allo scopo di “far appassionare i ragazzi più piccoli alla lettura e all’interesse verso la cultura”, e che prevede un cospicuo investimento e l’imminente arrivo da Milano del “Tir della cultura”, a portare libri gratuiti ai bambini della Calabria, regione “penultima per indici di lettura in tutta Italia”.
E’ un dibattito che mi coinvolge e m’interpella, soprattutto dopo la nota apparsa su queste pagine a firma dello stesso vicepresidente, in risposta alle prese di posizione degli editori Guzzardi ed Arcidiaco, i quali, tra l’altro, stigmatizzano la “sprovincializzazione” della Calabria, con la partecipazione di sole tre case editrici calabresi insieme ad altre sei operanti in ambito nazionale, e il ricorso alla “competenza” in materia di un’associazione milanese, incaricata di selezionare “un ventaglio di libri da poter offrire ai ragazzi delle quarte” della scuola primaria. Sono cittadina calabrese, autrice di libri, operatrice culturale e docente di scuola primaria (proprio in una classe quarta), e, quindi, persona, fra le tante, davvero, totalmente impegnate per questa nostra terra di Calabria. La mia riflessione non partigiana, tengo a precisare, per l’amicizia e le esperienze culturali condivise sia con Cersosimo che con i due editori, mi porta, infatti, a considerare alcuni aspetti fondamentali. Sono profondamente convinta che i libri siano strumenti della conoscenza “senza confini”, come sottolinea il direttore commerciale di Rubbettino, Cavallaro, e come ci impone il carattere sempre più multiforme e complesso del tempo in cui viviamo; che la cultura aiuti ad essere migliori ed a creare strutture di idee e valori che permettono alle comunità di esistere e svilupparsi; che, per questo, debba essere al centro delle strategie politiche, economiche, sociali ed educative, nel senso letterale del “coltivare” saperi e comportamenti dei nostri cittadini di domani. E sono, per questo, contenta che ci siano iniziative, come “Un libro in tasca”.
Quello che, invece, mi lascia perplessa, è il metodo che viene utilizzato, a conferma del nostro “grande male”, peraltro rilevato da Marcello Veneziani in riferimento al suo volume “Sud. Un viaggio civile e sentimentale”, cioè di non riuscire a far diventare la Calabria da “affettiva” a “sociale”: siamo bravissimi a far svettare le individualità, ma non riusciamo a fare gruppo quando ci troviamo ad operare per lo stesso obiettivo, specie se è un obiettivo “alto”.
Il nodo è questo: ci sono settori, e quindi “luoghi”, sia fisici che umani o culturali, della nostra regione, cui destinare risorse e iniziative, e c’è gente che vi opera, e vive quotidianamente le diverse realtà. La domanda che sorge non è diretta a Mimmo Cersosimo, che si occupa qui ed ora della cosa pubblica, ma raccoglie un’eco lontana: perché chi gestisce decide, magari, come in questo caso, con la consulenza di pedagogisti settentrionali, senza conoscere la situazione reale? Perché ai tavoli intorno ai quali si decide, non siedono mai, anche solo come persone da ascoltare, i diretti interessati? Per essere concreti: insegno in una scuola del centro storico di Cosenza, frequentata, tra l’altro, da piccoli rom, immigrati, alunni disagiati per vari motivi che ti chiedono con gli occhi quella cultura che può essere il loro riscatto. Ce ne sono altri che non presentano problematiche particolari, ma, nell’epoca della play station e facebook, sono più portati a leggere per dovere scolastico che per personale piacere. E’, quindi, facile pensare che un pacco di libri, dono per quanto gradito, possa essere un’occasione sprecata, specie se non è ponderata la selezione dei titoli.
Può anche essere un episodio fra i tanti, se non è inserito in una diversa e più ampia progettualità, che impegni operatori scolastici, mondo editoriale (in particolare autori ed editori), e, con ruolo gestionale decisivo, l’Istituzione regionale, nel perseguimento di un obiettivo ambizioso: creare lettori consapevoli, innamorati della conoscenza e cittadini liberi e responsabili. Ma questo, a mio avviso, avviene amando la lettura, e conoscendo il mondo dei libri, imparando cosa accade nel passaggio dall’idea dell’autore alla realizzazione dell’oggetto-libro; con percorsi guidati nelle biblioteche, la possibilità di frequentare le fiere editoriali e conoscere direttamente le nuove tecnologie applicate ai libri, incontrare autori ed editori, che in Calabria non mancano, e sarebbero ben felici di mettersi a disposizione delle scuole, dove, pur nella ristrettezza delle risorse, non manca l’impegno per la promozione della lettura.
L’ho verificato lavorando in diverse istituzioni scolastiche e intervenendo dove mi hanno invitata come autrice; non registro che, per queste attività, ci sia, nelle scuole, una generale “penuria di opportunità”, oppure manchino “professori che motivano e accompagnano”, come scrive il vicepresidente Cersosimo.
Per restare al senso letterale dell’itinerario, a me piacerebbe portare alla Fiera del Libro di Torino i miei alunni di quarta, con i quali, dall’inizio dell’anno, stiamo percorrendo le biblioteche cosentine e conoscendo (per quello che ci è possibile), il mondo meraviglioso delle parole scritte e delle storie raccontate. Storie di cui la nostra terra è ricca, ci tengo a sottolinearlo, e, a riguardo, mi si lasci passare non per vanto, ma come dato di fatto, una nota personale: in tutte le scuole del mio paese, Cariati, i ragazzi, dal liceo, all’Ipsia, alla primaria, con l’impegno di ottimi colleghi docenti, si stanno appassionando alle storie di gente di mare, di migranti, di donne dei paesi, che ho raccontato nei miei libri (ne sono state acquistate delle copie che girano per le classi).
Un esempio per dire che, oltre ai volumi delle grandi case editrici nazionali, senza dubbio necessari per la formazione, ci sono tanti libri di autori calabresi che possono essere letti con passione dai nostri ragazzi perché vi riconoscono la loro storia, le storie che hanno fatto l’esistenza delle loro comunità e valori universali, come lavoro e solidarietà. Tra le tante storie che ho raccontato, voglio ricordare quella di Maria i Susanni (pubblicata sulla bella rivista “Spola” di cui Domenico Cersosimo è stato tra i fondatori); una donna che, nei primi decenni del secolo, per sfamare i figli faceva tutti i lavori, andando perfino a mmare con i pescatori, e diceva: “una pietra è una pietra, ma se la raccolgo la metto al tarzalùro per timpagno”. All’editore Guzzardi dico: non fermiamo, come hai provocatoriamente proposto, il “Tir della cultura” a Campotenese, perché è un “pietra”, una risorsa preziosa, nata da un ottimo intento, che non dobbiamo sciupare. Agli uomini delle istituzioni, soprattutto a quelli che, con le elezioni, si affacceranno alla ribalta della nuova fase politica, dico: colmiamo la distanza tra cittadini e chi gestisce, per il progresso della Calabria. Diventiamo, insieme, soggetti, non oggetti della nostra storia, come quell’antica donna di Cariati, che ha annullato la secolare distanza tra i generi, andando a pesca per portare la famiglia avanti.
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