A Giancarlo Perani

Dedico questo spazio di discussione aperto a Giancarlo Perani, dirigente della Regione Calabria che ha sempre guardato con particolare attenzione il lavoro e l'opera degli editori calabresi. Giancarlo Perani è scomparso prematuramente nell'ottobre 2008, dopo aver lottato contro un male incurabile. A lui si deve la realizzazione del convegno, a Palazzo Campanella di Reggio Calabria il 14 marzo 2002, per la presentazione sull'ordinamento di legge sull'editoria libraria calabrese. Nella foto con l'editore Demetrio Guzzardi, mentre interviene alla Fiera del libro di Torino.
martedì 20 luglio 2010

GIUSEPPE REALE UN POLITICO ANTE LITTERAM


AVEVA COMPRESO IL RUOLO INSOSTITUIBILE DELLA CULTURA PER LA CRESCITA DELLA DEMOCRAZIA E DELLA SOCIETÁ. FONDÒ LA CASA EDITRICE PARALLELO 38

Ricordo di Giuseppe Reale a cura di Domenico Laruffa

Nei giorni scorsi ha cessato di vivere l’On. Prof. Giuseppe Reale. Ha vissuto più di novant’anni e fino all’ultimo è stato sulla scena del servizio alla cultura e alla comunità. È stato certamente un uomo eccezionale non abbastanza riconosciuto e onorato dalle istituzioni. Tenacissimo, assai colto, lungimirante, e anche di non facile carattere, più volte deputato al Parlamento, parlamentare europeo, non ha pensato ad arricchirsi, anzi credo che spesso abbia impiegato le risorse personali per realizzare le sue iniziative. E sì, ciò che agli altri poteva sembrare impossibile, non lo era per lui. Aveva una fede incrollabile. Tenace, ho scritto poc’anzi. Lo ricordo in incontri casuali sui treni, stanco ma sempre attivo, oppure in tipografia, dove correggeva le bozze dei suoi lavori e poi aspettava che qualcuno lo accompagnasse a casa, infatti non guidava. Era piccolo e tozzo di statura, gli occhi chiari e sognanti, pochi capelli, un parlare lieve, misurato, e un carattere di ferro. Un vero meridionale. Lucano di nascita e calabrese di adozione.
Desidero ricordarlo in particolare per il suo impegno nel culturale. Per questo ritengo che un se pur breve profilo meriti la terza pagina.
Lo conobbi fin da ragazzo, durante le sue campagne elettorali nella Democrazia Cristiana; ma il mio destino s’incontrò con lui nel 1973, quando, capo dell’ufficio sviluppo dell’editore Giuffré di Milano, ricevetti una cartolina della redazione della sua rivista Parallelo 38 con la quale mi si chiedevano alcuni libri in omaggio per recensione. Gli mandai i libri e scrissi: “Ti ricordi di me?”. Dopo meno di una settimana lo vidi arrivare nel mio ufficio di Milano: “Vuoi venire a Reggio Calabria per dirigere la casa editrice Parallelo 38?”. A quel tempo nella regione c’era solo l’editrice Pellegrini, Rubbettino faceva i primi passi come editore. Reale sosteneva che per lo sviluppo della Calabria, oltre l’università ci volessero anche le case editrici; e Reggio non ne aveva nemmeno una.
E così tornai in Calabria. Parallelo 38 in sostanza non esisteva come casa editrice di libri. C’erano ancora nell’aria i lampi della rivolta della città per la questione del capoluogo; Reale la riconosceva come “protesta”, non come “rivolta”, e aveva pubblicato il suo Reggio in fiamme e poi Buio a Reggio di Gigi Malafarina e Franco Bruno e un saggio tradotto da un autore inglese: L’IRA, armata rivoluzionaria irlandese. L’avvio della nuova iniziativa editoriale fu durissimo, l’Onorevole non disponeva dei mezzi finanziari necessari. Ci fu un primo socio: Nicola Maiellare di Chiaravalle Centrale che aveva la più attrezzata tipografia del tempo; e poi arrivò anche il famoso chirurgo prof. Renato Caminiti, che in quegli anni si era già impegnato nel campo dell’editoria televisiva, e altri soci minori.
Ma le cose non andarono come si sperava; comunque l’iniziativa visse per otto anni e furono pubblicate, con le sigle Parallelo 38 e Editori Meridionali Riuniti, centinaia di monografie. Dopo la messa in liquidazione della società, decisi di fondare la mia editrice “Dott. Domenico Laruffa Editore”.
L’On. Reale, intanto, teneva in vita la sua rivista Parallelo38, non solo ma iniziò a pubblicare con quella sigla anche una serie di monografie, credo una trentina, in una collana: “I grandi calabresi”: un’attività editoriale ininterrotta fino al gennaio 2010, la vigilia della malattia che poi lo avrebbe condotto alla morte.
In tutti gli anni successivi, fino a poco prima della sua scomparsa, ho mantenuto i contatti con lui. Non lesinava consigli, raccomandazioni. Tutto sommato era soddisfatto perché dal suo seme era germogliata un’iniziativa culturale che cresceva. La sua capacità di vedere le cose con una grande visuale, aperta al mondo intero, mi rimproverava, quasi, perché voleva che il respiro della mia editrice ormai divenuta una SRL, fosse più ampio, saltando letteralmente i confini regionali e nazionali. Cosa difficile, forse impossibile, che lui aveva però immaginato realizzabile.
Con la sua rivista Parallelo 38 raggiunse e collegò tra loro molti suoi amici in tutta Italia, diede forza alle umane lettere e in particolare alla Lingua Latina, lasciandovi spazio per il mondo dei giovani, per i quali aveva fondato a Roma, negli anni ‘60, credo, un centro universitario per gli studenti calabresi, ospitando un gruppo di studenti, molti dei quali si sarebbero poi affermati nel mondo del giornalismo, dell’università, delle professioni.
Bussando alle porte dei ministri aveva ottenuto Conservatorio di musica e Accademia di Belle arti, insieme con altri aveva gettato le basi per l’Università statale e poi per l’Università per stranieri. Una delle sue ultime “invenzioni” fu la Banca Popolare delle Province Calabre, una banca ispirata all’etica per aiutare l’economia locale. La realizzò insieme con i suoi amici e con la sua solita fede non disgiunta dalla forza della volontà. Bussò anche alla porta dei proprietari della cave di Carrara e ottenne gratis il marmo necessario per erigere il monumento al Parallelo 38, il parallelo di Atene, di Seul e S. Francisco e poi del monumento dedicato a S. Paolo, recentemente innalzato sulla collina di Pentimele.
Pensò ai monumenti perché certo del valore delle idee, convinto del potere dei simboli: il parallelo 38 era per lui simbolo di civiltà, dal Mediterraneo e dalla Grecia al sud dell’Asia e poi alla California. Poi ha voluto che S. Paolo, vanto della città, fondatore della chiesa reggina, fosse riconosciuto e ricordato. Che quella colonna fosse vista da lontano dai naviganti.
Giuseppe Reale ha dimostrato con la sua vita di quanto si possa riuscire a fare con la forza delle idee e della fede. Combinazione di idealismo, fede e concretezza, ha con umiltà realizzato grandi cose per la comunità specialmente nel mondo della cultura. Diceva che non poteva esserci progresso e civiltà, vera democrazia senza cultura.

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